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L’Uomo Medium

Con un imbarazzante ritardo finalmente anch’ io ho un blog. O almeno qualcosa che gli somiglia molto.

Alessandro Pagnini
4 min readOct 5, 2013

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Per uno che si occupa di web per mestiere e lo fa con una cura ed un’attenzione ai dettagli a volte quasi maniacale, iniziare a scrivere un blog professionale e d’opinione è una sfida quasi impossibile. La scelta del dominio, della piattaforma da utilizzare, dell’aspetto grafico (ed una naturale propensione all’autocensura) sono sempre stati per me un ottimo deterrente e un valido aiuto nel posticipare quella che dovrebbe essere l’attività principale di un blog: scrivere.

Anche questa volta, con rinnovata determinazione, ho passato in rassegna tutte le piattaforme di blogging più conosciute. Da Wordpress — di fatto evolutosi in un vero e proprio CMS — a Tumblr ormai orientato verso il fotoblog e la raccolta di aforismi, esaminando anche soluzioni originali come Middleman o Dropplets senza tuttavia incontrare niente che rispondesse alle mie aspettative.

In attesa che faccia il suo pubblico debutto Ghost, promettente progetto crowdfunded che aspira a recuperare l’idea originale di blog attraverso una ritrovata semplicità, mi sono casualmente imbattuto in Medium, ultima creatura della feconda mente di Ev Williams, co-fondatore di Blogger e Twitter. Decisamente diverso dagli strumenti ai quali siamo abituati, propone un nuovo ed interessante approccio al blogging, ponendo l’accento sulla produzione dei contenuti e la collaborazione tra gli utenti-autori.

Anche il nome strizza evidentemente l’occhio sia alle dimensioni dei post — più lunghi di un tweet, ma più contenuti rispetto ad un articolo tradizionale— sia al “mezzo”, inteso come supporto, come strumento per eseguire un’operazione. Su Medium l’autore non deve (e nemmeno può) preoccuparsi di personalizzare l’aspetto del suo blog, ma solamente di scrivere e creare contenuti.

Aspetto grafico

Non ci sono temi da modificare, nessun layout da scegliere, la foto del profilo e la short bio dell’autore sono prese direttamente da Twitter. La grafica minimale è però pulita ed elegante. Il template è già responsivo e si adatta perfettamente a tablet e smartphone. Ottima la scelta della combinazione e delle dimensioni dei font.

L’inline editor — dal quale sto scrivendo — è forse la sfida più riuscita di tutta l’applicazione: di una semplicità disarmante, richiama la filosofia essenziale e distraction free di applicazioni come iA Writer e Byword, ma soprattutto si presenta come un vero e proprio What You See Is What You Get. Non c’è nessuna form o textbox dove inserire il contenuto. Nessun tasto per la formattazione. Si ha l’impressione (fortemente voluta dall’ideatore) di scrivere direttamente sulla pagina web.

Più siamo meglio stiamo

Medium è collaborativo. Insiste sulla qualità dei contenuti prodotti spostando la discussione sugli articoli ad una fase precedente la loro pubblicazione. Il feedback viene raccolto attraverso delle “note” legate ad un singolo paragrafo, quindi più mirate e integrate nel contesto. Non è previsto nessun sistema di commento tradizionale agli articoli pubblicati, neppure integrando soluzioni di terze parti come Disqus o Facebook.

Cosa manca

Non è possibile, almeno per il momento, associare un dominio al proprio indirizzo personale su Medium (che non è altro che il proprio username Twitter). Non ci sono pretty url con buona pace del SEO, le statistiche di accesso sono basilari e non è prevista la possibilità di integrare gli Analytics di Google.

Ho davvero ancora bisogno di un dominio personale?

Statistiche alla mano, la stragrande maggioranza degli accessi ad una risorsa online avviene attraverso la ricerca organica di Google, la restante parte attraverso i referral e le condivisioni sociali.

Medium sposa totalmente questo approccio. La piattaforma prevede già i feed degli autori e delle collezioni (anche se non ancora pubblicizzati). Implementa l’Open Graph di Facebook, le Card di Twitter ed il vocabolario di schema.org e permette di collegare facilmente i propri contenuti al profilo Google+ attraverso una delle pochissime impostazioni del pannello di controllo.

Con il colosso di Mountain View che sembra puntare molto sulla Google Authorship come sostiene anche Dario Vignali, il ranking delle pagine potrebbe spostarsi sempre più sulla reputazione dell’autore e sulla qualità dei suoi contenuti piuttosto che sulla credibilità del proprio sito.

La piattaforma è ancora in closed beta, ma forse per un fortunato caso ho ricevuto il mio invito nel giro di un paio d’ore. Non so ancora valutare se questa sia la soluzione che stavo cercando ma mi piace l’idea di essere uno dei primi “early adopters” e la sensazione che questo nuovo “social coso” sia ben lontano dall’essere un prodotto definito e maturo con potenzialità ancora da scoprire.

Devo inoltre riconoscere che mentre mi stavo già perdendo nello studio dell’aspetto grafico e nella scelta di un framework responsive per il mio mai-nato blog, grazie a Medium ho finalmente scritto e pubblicato il mio primo post!

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Alessandro Pagnini

Lead Designer @ Booking.com. Sailor, swimmer, biker. Music and fixie addicted.